venerdì 31 dicembre 2010

....Prosit!!




Oggi ho così poco tempo libero, che non ci riesco a raggiungervi tutte.
 Perciò faccio qui un brindisi con tutti voi augurandovi 
un Anno Speciale pieno di Felicità, Gioia, Sorissi e tante bellissime sorprese.

Cin, cin....!!!!

Ziamame

giovedì 30 dicembre 2010

Mark Twain - Lettere dalla Terra



"Un esilarante Mark Twain nella sua migliore edizione ci trascina dinanzi allo specchio dei nostri più radicati pregiudizi.

NOTA INTRODUTTIVA:
L'arcangelo Satana ne ha combinata un'altra delle sue e il Creatore lo punisce con un giorno d'esilio, un Giorno Celeste, che egli decide di scontare sulla Terra appena creata. L'esperienza è così stupefacente che Satana deve dar fondo alle sue pur notevoli risorse intellettuali per suonare credibile ai suoi compagni arcangeli, nelle esilaranti Lettere dalla Terra."

Lettere dalla Terra, originariamente scritto nel 1909, fu pubblicato in America solo nel 1962, per volontà della figlia, anche se lo scrittore aveva disposto la sua diffusione solo a partire dal 2006, proprio perché temeva che, durante la sua epoca, un libro simile avrebbe messo a dura prova la propria vita e quella dei suoi eredi.

Si tratta di un libricino molto satirico, leggero, frizzante, ma nello stesso momento anche molto profondo e pungente, che colpisce già dalla prima pagina, e dopo la lettura lascia le sue traccie; almenno è quello che è capitato a me.
In breve: un libro da non perdere, una esperienza straordinaria... 


* * * * * * * * * * * * * * * * * * * *



Il Creatore sedeva sul trono, pensando. Dietro di lui si estendeva l'illimitato Continente del Cielo, immerso in una gloria di luce e colore; davanti a lui saliva la nera notte dello Spazio, come un muro.
Il suo corpo possente torreggiava frastagliato come una montagna nello zenith, e la Sua testa divina vi sfolgorava come un sole lontano.
Ai suoi piedi ristavano tre figure colossali, diminuite all'estinzione, quasi, nel confronto - arcangeli - le teste al livello della Sua caviglia.
Quando il Creatore ebbe finito di pensare, disse: "ho pensato. Guardate!"
Levò la Sua mano e da essa esplose un getto di fuoco, un milione di soli stupendi, che spaccarono le tenebre e salirono, sempre più lontano, diminuendo in magnitudine e intensità mentre bucavano le remote frontiere dello Spazio, finché alfine non furono null'altro che diamanti sfavillanti sotto la volta immensa dell'universo.
Al trascorrere di un'ora il Gran Consiglio fu congedato. Essi lasciarono la Presenza impressionati e pensierosi e si ritirarono in un posto appartato dove potessero parlare in libertà. Nessuno dei tre sembrava disposto a incominciare, sebbene tutti volessero che qualcuno lo facesse. Ciascuno bruciava dalla voglia di discutere il Grande Evento, ma preferiva non esporsi prima di aver sentito che ne pensassero gli altri.
La conversazione si trascinò vaga e tediosa su questioni di nessuna importanza, finchè l'arcangelo Satana non raccolse il suo coraggio - di cui aveva una scorta abbondante - e ruppe gli indugi. Disse:
"Sappiamo che cosa siamo qui a discutere, miei signori; possiamo dunque mettere da parte la messa in scena e incominciare. Se questa è l'opinione del Consiglio".
"Lo è, lo è !" dissero Gabriele e Michele, interrompendo riconoscenti.
"Molto bene, allora, procediamo. Abbiamo assistito a una cosa meravigliosa; su questo siamo tutti sicuramente daccordo. Quanto al suo valore - se ne ha - è una questione che personalmente non ci tocca. Possiamo avere su di essa tutte le opinioni che vogliamo, e questo è il nostro limite. Non abbiamo diritto di voto. Io penso che lo Spazio andava bene così com'era, e utile, anche.  Freddo e buio; un posto riposante, di quando in quando, dopo una stagione nel clima ultratemperato e negli affaticanti splendori dei cieli.

"Ma questi sono dettagli di poco conto; la nuova caratteristica, l'immensa caratteristica, è... che cosa, signori? L'invenzione e l'introduzione della Legge automatica, incontrollata, autoregolante per il governo di quelle miradi di soli e mondi turbinanti!"
"Esattamente!" disse Satana. "Si vede subito che è un'idea fantastica. Niente di paragonabile era mai scaturito prima dall'intelletto del Maestro. Legge; Legge Automatica; esatta e invariabile; che non richiede supervisione nè correzioni nè aggiustamenti mentre le eternità perdurano! Egli ha detto che quegli innumerevoli, immensi corpi percorreranno le lande dello Spazio per epoche e epoche, a velocità inimmaginabili, intorno a orbite fantastiche ma senza mai collidere, e senza mai allungare o accorciare i loro periodi orbitali nemmeno della centesima parte di un secondo in duemila anni!
"Questo è il nuovo miracolo. E il più grande di tutti. Legge Automatica! E ha dato a essa un nome: LEGGE DELLA NATURA; e ha detto che la Legge della Natura è la LEGGE DI DIO; nomi intercambiabili per un'unica cosa".
"Sì" disse Michele, "e ha detto che avrebbe imposto la Legge della Natura - la Legge di Dio - su tutti i Suoi domini e la sua autorità sarebbe stata suprema e inviolabile".
"Inoltre" disse Gabriele "ha detto che presto avrebbe creato gli animali e avrebbe sottoposto anch'essi all'autorità di quella Legge".
"Sì" disse Satana, "l'ho sentito, ma non ho capito. Che cos'è gli animali, Gabriele?"
"Mah, come faccio a saperlo? Come facciamo a saperlo? È una parola nuova".

[Intervallo di tre secoli, tempo celeste - equivalenti a cento milioni di anni, tempo terrestre - Entra un Angelo Messaggero]

"Miei signori, sta facendo gli animali. Gradireste venire a vedere?"
Andarono, videro, e furono perplessi. Profondamente perplessi; e il Creatore se ne avvide, e disse: "chiedete. Risponderò".
"Divino" disse Satana, facendo un inchino, "a che cosa servono?"
"Essi sono un esperimento in Morale e Condotta. Osservali, e impara".
Ce n'erano a migliaia. Tutti in piena attività. Impegnati, tutti impegnati; principalmente a perseguitarsi l'un l'altro. Commentò Satana, dopo averne esaminato uno con un potente microscopio:
"quella grossa bestia uccide gli animali più deboli, Divino".
"La tigre, sì. La legge della sua natura è la ferocia. La legge della sua natura è la Legge di Dio. Essa non può disubbidirla".
"Allora nell'ubbidirla essa non commette peccato, Divino?"
"No, essa è senza colpa".
"Quest'altra creatura, qui, è timida, Divino, e patisce la morte senza resistere".
"Il coniglio, sì. Esso è senza coraggio. È la legge della sua natura; la Legge di Dio. Esso deve ubbidirla".
"Allora esso non può onorevolmente contrastare la sua natura e resistere, Divino?"
"No. Nessuna creatura può onorevolmente andare contro la legge della sua natura; la Legge di Dio".
 Dopo molto tempo e molte domande, Satana disse: "Il ragno uccide la mosca e se la mangia; l'uccello uccide il ragno e se lo mangia, il gatto selvatico uccide l'oca; il... be', tutti si uccidono l'un l'altro. È assassinio su tutta la linea. Ecco una moltitudine infinita di creature, e tutte che uccidono, uccidono, uccidono; sono tutte assassine. E non sono da condannare, Divino?"
"Non sono da condannare. È la legge della loro natura. E sempre la legge della natura è la Legge di Dio. Attento adesso, guarda! Una nuova creatura; il capolavoro: l'Uomo!"
Uomini, donne, bambini a sciamando in greggi, mandrie, milioni.
 "Che ne farai, Divino?"
"Immetterò in ciascuno, con gradazioni e intensità diverse, tutte le varie Qualità Morali, in massa, che sono state distribuite, una singola distintiva caratteristica per volta, nel mondo animale non parlante: coraggio, codardia, ferocia, gentilezza, onestà, giustizia, furbizia, slealtà, magnanimità, crudeltà, cattiveria, malignità, concupiscenza, pietà, compassione, purezza, egoismo, dolcezza, onore, amore, odio, bassezza, nobiltà, lealtà, falsità, sincerità, mendacia.
"Ogni essere umano avrà in sé tutte queste Qualità Morali, e esse costituiranno la sua natura. In alcuni, ci saranno alte e nobili caratteristiche che sommergeranno quelle cattive, e questi saranno chiamati Buoni; in altri le caratteristiche cattive avranno il predominio, e quelli saranno chiamati Cattivi.
"Osserva... guarda... svaniscono!"
"Dove sono andati, Divino?"
"Sulla terra, essi e i loro compagni animali".
"Che cos'è la terra?"
"Un piccolo globo che feci uno, due tempi e mezzo fa. Lo vedesti ma non lo notasti nell'esplosione di mondi e di soli che si sprigionarono dalla mia mano. L'uomo è un esperimento, gli altri animali sono un altro esperimento. Il tempo dirà se ne sarà valsa la pena. La dimostrazione è finita, potete andare, miei Signori".
Passarono diversi giorni. Ciò sta per un lungo periodo di (nostro) tempo, chè in paradiso un giorno è mille anni. Satana aveva fatto commenti ammirati su alcune delle brillanti opere del Creatore; commenti che, se letti tra le righe, erano sarcasmi. Li aveva fatti riservatamente, ai suoi amici fidati, gli altri arcangeli, ma erano stati sentiti per caso da alcuni angeli ordinari e riportati in Direzione.
 Fu mandato in esilio per un giorno - il Giorno Celeste. Era una punizione a cui era aduso, a causa della sua lingua disinvolta. In passato era stato deportato nello Spazio, essendo altre destinazioni inesistenti, e aveva svolazzato languidamente per di là nella notte eterna e nel freddo glaciale; ma stavolta gli venne in mente di continuare e di cercare la terra e vedere come andava l'esperimento della Razza Umana.
In seguito scrisse a casa - molto riservatamente - le sue osservazioni a San Michele e a San Gabriele.

LETTERA DI SATANA

Questo è un luogo strano, un luogo straordinario, e interessante. Non c'è niente come questo su da noi. Gli uomini sono tutti pazzi, gli altri animali sono tutti pazzi, la terra è pazza, anche la Natura è pazza.
L'uomo è una meravigliosa curiosità. Nel suo stato migliore è una specie di angelo di bassa lega; nel suo stato peggiore è indescrivibile, inimmaginabile; e è sempre e comunque un sarcasmo.
E pure soavemente e in tutta sincerità egli si autodefinisce la «più nobile creatura di Dio». È la verità quella che vi sto dicendo. E questa sua idea non è recente; egli ne ha parlato in tutti i secoli, e ci ha sempre creduto senza che mai nessuno ci abbia sopra.
 Inoltre - se posso chiedervi ancora uno sforzo - egli crede di essere il beniamino del Creatore. Crede che il Creatore sia orgoglioso di lui; crede perfino che il Creatore lo ami, abbia una passione per lui, passi le notti alzato a ammirarlo; sì, e vegli su di lui e lo preservi dalle sventure.
 Gli indirizza le sue preghiere, e pensa che Egli l'ascolti. Non è un'idea bizzarra? Riempie le sue preghiere ora di rozze ora di spoglie ora di fiorite adulazioni, e pensa che Egli se ne stia assiso a compiacersi di queste stravaganze.
Prega per invocare aiuto, e favori, e protezione, ogni giorno; e lo fa con speranza e fiducia, sebbene nessuna delle sue preghiere abbia mai avuto una risposta. L'affronto quotidiano, la sconfitta quotidiana non lo scoraggiano; egli continua a pregare come prima. C'è qualcosa di quasi nobile in questa sua perseveranza.
Devo darvi un altro colpo: egli pensa che andrà in paradiso! Ha maestri stipendiati che glielo dicono. E gli dicono anche che c'è un inferno, di fuoco eterno, e che è là che finirà se non osserva i Comandamenti. Che cosa sono i Comandamenti? Una curiosità di cui vi dirò presto.

* * * * * * * * *

Il resto del racconto lo potrete trovare qui: Lettere dalla Terra (seguite il link a piè di pagina, che vi porterà fino alla fine dell'intero racconto). Buona lettura!!!

Ksiaz – Il maggior castello della Slesia


Dal 1509 al 1939, il castello di Ksiaz o, in tedesco, Furstenstein presso Walbrzych, appartenne agli Hochberg, aristocratica famiglia originaria dalla Sassonia. La sua veste attuale deriva dagli interventi settecenteschi di Corrado Massimiliano di Hochberg.



DA ROCCA MEDIEVALE A FASTOSA RESIDENZA BAROCCA – Il maschio del castello di Ksiaz, la costruzione più antica tuttora riconoscibile nel complesso, risale alla rocca medievale eretta nel 1292 da Bolko di Schweidnitz (oggi Swidnica). L’iniziale fortificazione subì una prima sostanziale ristrutturazione nel Quattrocento, quando la Slesia faceva parte del regno boemo – ungherese di Mattia I Corvino. Nel secolo successivo la famiglia Hochberg, entratane in possesso, promosse una serie di lavori per trasformare definitivamente l’antico edificio in un vero e proprio castello.



PUNTO D’INCONTRO DELL’ALTA NOBILTA’ ARISTOCRATICA – Con le trasformazioni realizzate nella prima metà del Settecento dall’architetto Felix Anton Hammerschmidt, per conto di Corrado Massimiliano di Hochberg, l’edificio divenne una fastosa dimora che impressionava chiunque la vedesse: una gigantesca residenza di cinque piani e 400 stanze. Il viaggiatore Hermann Furst von Puckler – Muskau scrisse nell’Ottocento che il castello era quanto di più bello avesse mai visto nel corso dei suoi “vagabondaggi”: “Come ammaliato da spiriti misteriosi, il castello reale aleggia su uno sperone roccioso, proietando le sue torri nel cielo azzurro”. Il principe Hans Heinrich XV di Hochberg – Pless, ultimo proprietario, apri il castello all’aristocrazia di tutt’Europa. La brutalità della dittatura nazista costrinse tuttavia a emigrare in Gran Bretagna. Ksiaz venne perciò confiscato dallo Stato e sottoposto a opere di adattamento come possibile quartier generale del Fuhrer. Hitler preferì tuttavia un altro rifugio, meno appariscente (la celebre “Wolfsschanze”, o Tana del Lupo, di Rastenburg, nella Prusia Orientale).



LA TORMENTATA STORIA DELLA SLESIA – Poche regioni come la Slesia hanno avuto una storia così tormentata. Il nome Slesia (in polacco Slqsk, in tedesco Schlesien) va ricondotto alla stirpe dei Silingi, qui insediata in epoca romana, poi dispersa nel periodo delle grandi migrazioni barbariche e sostituita da tribù slave. Wratislawia (in seguito trasformato in Breslau dai tedeschi e Wroclaw dai polacchi). Fino al 1335 la Slesia fu contesa da Polonia e Boemia, finchè fu quest’ultima a inglobarla. Nel 1526 in regno di Boemia, compresa dunque la Slesia, passò agli Ausburgo austriaci, ma nel 1740 il re di Prussica Federico il Grande invase la regione, col risultato che la Slesia divenne prussiana. Nel 1813 proprio in questa terra di frontiera cominciarono le guerre di liberazione antinapoleoniche della Germania, dopo il famoso appello “Al mio popolo” di Federico Guglielmo III di Prussia. E sempre in Slesia, con la rivolta dei lavoratori tesili nel 1844, ebbe l’inizio il movimento operaio tedesco.



Nel 1871 la Slesia entrò, come regione prussiana, nel Reich tedesco e, durante la seconda guerra mondiale, fu una delle culle dell’opposizione a Hitler. Nei dintorni di Ksiaz operava un gruppo della resistenza tedesca noto come “Kreisauer Kreis” (Circolo di Kreisau), che faceva capo al conte H. J. Von Molte. Al termine del conflitto la Slesia venne assegnata alla Polonia, e i tedeschi dovettero lasciare le terre dove erano installati da secoli. Forse solo in futuro quella pagina di storia sarà superata.



FUSSIONE DI SUGGESTIONI – Secondo i critici nordici, Ksiaz è una costruzione barocca. Per il gusto italiano si tratta di un barocco molto particolare, che non solo ingloba strutture medievali, ma anche suggestioni orientali, e persino l’architettura popolare (come l’ultimo piano con struttura in traliccio di legno e incannicciato), che certamente nessun architetto italiano avrebbe inserito.


IMPONENTE DIMORA – Il gigantesco palazzo poggia su uno sperone roccioso sito a ridosso di un’ansa del fiume Pelcznica, che qui scava nel tereno una profonda gola. Dall’imponente complesso, raccolto attorno a due cortili interni, svettano tra gli alberi il maschio e due grandi torri laterali.
Il castello ospita attualmente un albergo a quattro stelle, con ristorante e sale per varie iniziative.
Nell’ala aggiunta da corrado Massimiliano di Hochberg nel Settecento si apre l’elegante “sala di Massimiliano”, decorata da preziosi stucchi di Ramelli e oggi sede periodica di seguitissimi concerti.
L’ampio parco di 15 ettari, sistemato nel Settecento, si compone soprattutto di querce e macchie di rododendri. Al suo interno si trovano anche le rovine artificiali di un vecchio castello, che risale in realtà al 1794.
A est di Ksiaz si estende un noto allevamento di stalloni che vengono fatti gareggiare frequentemente nel vicino ippodromo

Il castello di Herrenchiemsee


Herrenchiemsee è stato costruito da re Ludwig II a partire dal 21 maggio 1878 (posa della prima pietra) in una posizione splendida: il castello sorge infatti in un'isola del lago Chiemsee, la Herreninsel, ed è raggiungibile con un traghetto che parte dal paese di Prien.



La Herreninsel - "isola degli uomini" - è così chiamata perché ospitava un convento dei Canonici Agostiniani e si contrappone alla vicina Fraueninsel  - "isola delle donne" - che ospita tuttora una comunità di Monache Benedettine.
 
La facciata è una copia esatta di quella di Versailles: Herrenchiemsee si presenta come un inno alla potenza ed alla gloria del Re Sole, Luigi XIV di Francia, e Ludwig, da sempre profondo ammiratore di questa mitica figura storica, decise di erigere un castello che fosse l'esatta copia dell'originale francese.



Il grande interesse che nutre Ludwig verso il Re sole e la famiglia reale francese va oltre ad una semplice rimembranza storica o ad una passione-venerazione: Luigi XVI di Francia fu il padrino di battesimo di suo nonno, re Ludwig I di Baviera.
 
La prematura morte del quarantenne sovrano, avvenuta il 13 giugno 1886 in circostante mai chiarite nel lago di Starnberg, non consentì di portare a compimento il progetto. Oggi Herrenchiemsee è infatti costituito solo dal corpo centrale: l'ala di sinistra, incompiuta, è stata demolita nel 1907 mentre quella di destra non ha mai visto la luce.
La visita nella Versailles bavarese vede tra i primi ambienti lo scalone d'onore. Come modello per Herrenchiemsee, Versailles non corrispondeva sempre all'idea omogenea che Ludwig II aveva della reggia francese e così richiese nuove creazioni nello spirito dello stile dell'Ottocento: la grande scala ricostruisce, sulla base di incisioni contemporanee, la scala degli ambasciatori di Versailles ma ha un'impronta tutta diversa a causa del moderno tetto di vetro.



La sala della guardia è la prima delle sale di parata. Ricca di raffinati stucchi d'oro e preziosi marmi, è adornata dalle alabarde della guardia reale, la cosiddetta Hartschiere.

Nei rivestimenti in legno bianco e oro della prima anticamera sono inseriti dei quadri con scene del tempo di Luigi XIV mentre nel grande affresco del soffitto è raffigurato il trionfo di Bacco e Cerere. Il magnifico armadio con applicazioni in bronzo dorato è lavorato con la tecnica del Boulle.
    
La seconda anticamera ha finestre in forma ogivale come il "Salon de L'Oeil de Boeuf" di Versailles. I quadri al muro rappresentano Luigi XIV e membri della sua famiglia; la grande statua equestre rappresenta sempre il "Re sole".


Nel cerimoniale di corte la camera da letto di parata era il luogo dell'udienza serale e del mattino: non una semplice camera per dormire e riposare ma addirittura il centro focale del castello. Quella di Herrenchiemsee è qualcosa di straordinario: stucchi, arredi e tessuti sono di una ricchezza che è difficile descrivere a parole.



La galleria degli specchi, con i suoi 98 metri di lunghezza (quella di Versailles si ferma a 73 metri), 52 candelabri e 33 lampadari, è il gioiello del castello; qualche critico d'arte la ritiene superiore all'originale.
  
La sala da pranzo in forma ogivale, disegnata sul modello di un salone dell'Hotel de Soubise di Parigi, è arredato con i busti di Luigi XV, della duchessa di Lavalliere e delle grandi dame di corte come la contessa Dubarry e la marchesa de Pompadour. Sotto un gigantesco lampadario di porcellana di Meissen c'è un curioso tavolo, il "Tischlein-deck-dich" (tavolo che si apparecchia da sé), direttamente collegato con le sottostanti cucine attraverso uno speciale marchingegno creato per evitare che il re venisse disturbato dai camerieri mentre mangiava.


In alcuni locali del palazzo è allestito il museo di Re Ludwig II, con fotografie, dipinti, lettere, oggetti e arredi originali, molti dei quali provenienti dalla Residenz di Monaco dove il sovrano visse durante i primi anni di regno prima di trasferirsi definitivamente nei suoi castelli. E'  l'unico museo al mondo dedicato al "re delle favole", nemmeno Neuschwanstein ne ha uno.

Fonte: http://www.tuttobaviera.it/herrenchiemsee.html

mercoledì 29 dicembre 2010

Sans Souci - desiderio di pace e tranquillità


Dopo cinque faticosi anni di battaglie nella guerra di Slesia, Fedrico il Grande disse: “Lasciatemi vivere e godere la vita”. Questo desiderio di pace e tranquillità lo spinse a costruire un palazzo per le vacanze a Postdam, a sud di Berlino, dove trascorrere il tempo “senza pensieri” – traduzione del motto francese “sans souci” – e dedicarsi ai propri pensieri filosofici e musicali. Il risultato furono il palazzo di Sans Souci con il suo parco, un complesso definibile come la sintesi del Rococò tedesco.



Federico II (1712 – 1786) commissionò il progetto di una residenza per la villeggiatura all’architetto Georg Wenzeslaus von Knobelsdorff. Il lungo edificio semi-circolare centrale fu eretto sul modello delle “case per le vacanze” francesi e costruitto fra le vigne terrazzate di Postdam, fra il 1745 e il 1747. molte dimore furono edificate in quegli anni, inclusi il Neue Palas e il Belvedere. Federico Guglielmo IV (1795 – 1861) fece ampliare ulteriormente Sans Souci, con l’aggiunta dei giardini panoramici, terme romane, una fagianaia e la Chiesa della Gioia, da cui si può godere di uno splendido panorama sulle fontane nel parco, al di là di sei terrazze vitate, e, nella stessa direzione, sulle ampie scalinate che conducono alla cupola coperta di lastre di rame.


Le grandi finestre e le porte, contornate di statue raffiguranti baccanali realizzate da Frederick Christian Glume, insieme con la facciata dorata, danno grazia e fascino ad un edificio centrale, diversamente compatto. La struttura del giardino di fronte riflette le vigne terrazzate e il palazzo appare come il gusto coronamento del panorama.


L’ingresso si trova sul lato opposto della costruzione, dove un colonnato corinzio racchiude la corte principale, formando così un quadrante. Nel corpo centrale di Sans Souci vi sono solo dodici stanze, ciascuna decorata nel più raffinato stile rococò da von Knobelsdorff.



È facile immaginare gli ospiti di Federico arrivare con le proprie carrozze, attraverso la corte principale, e restare incantati di fronte all’impressionante sala d’ingresso, decorata in uno stile rococò addirittura esuberante, fatto di stucchi dorati, marmi e volte affrescate.






Se gli ospiti erano membri delle celebri “tavole rotonde” del re, venivano condotti nell’elegante Sala dei Marmi. In questa stanza elegante, ricca di marmi e di fregi dorati, il re – filosofo illuminista incontrava gli intellettuali di tutto il mondo, incluso il celebre Voltaire.



Quando il monarca non era impegnato in discussioni e dibattiti filosofici, trascorreva il proprio tempo nella meravigliosa Libreria, realizzata in legno di cedro, dove scriveva poesie o componeva musica, oppure si dilettava a suonare il flauto nella Sala della Musica, forse la più bella di tutto Sans Souci. Proprio in questa magnifica sala rococò, dagli smaglianti decori bianco e oro, diede alcuni dei suoi concerti da camera, immortalati da Adolph Menzel nel suo celebre “Concerto per flauto a Sans Souci”. Gli ampi specchi creano un’atmosfera magica, ampliando gli spazi e rispecchiando il verde del parco nella stanza.



I giardini, in origine, vennero disegnati in stile rococò, da von Knobelsdorff, che progettò ordinati tappeti floreali, specchi d’acqua regolari, sentieri geometrici e scorci prospettici. Nel 1816 l’intero parco fu riadattato in stile inglese e ogni pianta venne messa a dimora o impiantata in modo da creare un effetto naturaliforme. L’autore di questa riconversione fu il celebre paesaggista prussiano Peter Joseph Lenné.
Nel parco sorgono numerose costruzioni, come la Drachenhaus e il Klausberg Belvedere. Di quest’ultimo, distrutto da una bomba nel corso della Seconda Guerra Mondiale, rimangono solo le rovine del padiglione ellittico originario, costituito da due ordini di colonne sovrapposte. Da questo punto, la vista sul parco e sulle campagne dell’Havelland circostante lascia il visitatore senza fiato.


La Drachenhaus, sul pendio meridionale, fu realizzata nel XVIII secolo in stile cinese, e ripropone le forme di una pagoda a tre piani sovrapposti, con dragoni a ciascun angolo del tetto. Oggi è una coffee hause aperta durante l’estate.


La Chinesische Teehaus, in stile cinese rappresenta uno dei massimi esempi del Rococò e riflette chiaramente la passione, imperante all’epoca, per tutto ciò che era orientale. Il re stesso disegnò questo padiglione, costruito poi tra il 1754 e il 1757. il tetto riprende le forme di una tenda soretta da alberi di palma dorati, su cui emerge la cupola, sormontata da un mandarino d’oro con tanto di ombrellino cinese.
Ad ovest sorge l’imponente Neue Palas, che segna il confine del parco. Federico il Grande ne commissionò il progetto fra il 1763 e il 1769. il complesso doveva costituire il simbolo del potere prussiano e contenere quattrocento stanze distribuite su tre piani. Duecentotrenta lesene e quattrocentoventotto fra le statue e sculture ornano la facciata dell’edificio principale, dominato dall’alta cupola che sorge su un basamento cilindrico. Al di là si trovano locali di servizio e stalle costruiti nel medesimo stile, con scalinate e cupole, che danno loro l’apparenza di piccoli castelli.



Lo stile rococò dell’esterno del Neue Palas si riflette negli interni, per esempio della magnifica Sala di Marmo e nella Sala – Grotta, dove fossili e pietre rare adornano i muri. L’idea di trovarsi veramente in una grotta è favorita anche dalle nicchie decorate con vetri e coralli.
La Sala di Marmo è decisamente impressionante grazie al diaspro rosso che si alterna al marmo bianco di Carrara dei muri e del pavimento. Sia la Sala di Marmo che la grotta furono disegnate da carl von Gontard.
Nell’ala sud del Neue Palas si trova il teatro, usato solo in occasioni molto speciali.


Fonte: Castelli e Palazzi d'Europa; U. Schober

martedì 28 dicembre 2010

Anne Bronte - Il segreto della signora in nero



ossia, L'AFFITTUARIA DI WILDFELL HALL


   Avete mai letto “Agnes Gray” di Anne Bronte?
 E, dopo aver sentito la potenza di “Jane Eyre” e le “Cime tempestose”, vi è piaciuto?
 A me poco, o quasi niente. Ma vorrei darvi un consiglio: dimenticatelo e provate a cercare il secondo (ed ultimo) libro della più piccola di sorelle Bronte:  “L’affittuaria di Wildfell Hall” o come è stato tradotto in Italia: “Il segreto della signora in nero”. Vi  garantisco che le emozioni non mancheranno - sempre se ci riuscite a trovarlo (purtroppo, anche questo piccolo gioiello della letteratura risulta introvabile in lingua italiana, ma, se mi permettete di dare un consiglio: il linguaggio che usano tutte le tre sorelle Bronte è un linguaggio molto "semplice", e se avete una minima domestichezza con l'inglese - anche quella scolastica - non dovreste avere tanti problemi per leggerlo in lingua originale).

Anne Bronte con tutto il gusto che caratterizza le sorelle Bronte per il dramma, con la sua esperienza per le rudi scene del selvaggio Yorkshire, che già aveva inspirato la fantasia delle sue sorelle, ha utilizzato questo materiale che aveva a portata di mano e con la singolare forma di onestà e serietà ha creato questo piccolo capolavoro.
L’affittuaria del titolo è Helen Huntingdon, che, sotto il nome di signora Graham, arriva in una vecchia, abbandonata villetta elisabettiana; causa i pettegolezzi e le voci che si diffondono in villaggio. Essa suscita l’interesse di Gilbert Markham, un agricoltore locale …
Gilbert Markham è occupato nel corteggiamento della bella reclusa Helen Graham… Ci sono diversi incontri accidentali, poche passeggiate lungo le scogliere e Gilbert è innamorato…  Helen giura che non potranno mai stare insieme, perché ha un terribile segreto…  Ci sono le voci su Helen… che è piombata dal cielo (cioè, non si sa da dove; non si sa niente del suo passato) in un villaggio vittoriano che è; dove tutti conoscono tutti, sanno tutto degli altri… Indiscrezione? Può essere! Gilbert ritiene che non è il motivo per respingerlo e Helen gli dà il suo diario (!).
Siamo improvvisamente tornati indietro nel tempo (non si sa preciso quanto) e arriviamo a questo orribile, Grande Segreto di Helen.

Ritengo che  “L’affittuaria di Wildfell Hall” è uno dei più grandi romanzi usciti dalla memorabile penna Bronte e mi permetto di dire che con questo romanzo Anne Bronte ha superato di lungo le sue due sorelle.
Perché?
Perché per valutare bene qualsiasi libro prima di tutto bisogna informarsi sul contesto storico, sociale e politico, quando è stato creato. Per valorizzare bene questo testo e scoprire la sua forza sono necessarie conoscenze del suo contesto storico e del suo contesto sociale. Allora, dunque, parliamo del testo che è stato scritto: (quando?)  circa nel 1847/48 (non sono proprio sicura dell’ anno preciso, comunque, sappiamo che è stato pubblicato dopo la sua morte, che è avvenuta nel 1849, e che è il suo secondo romanzo ...), (dove?)  nell’Inghilterra, precisamente nel Yorkshire. Si tratta dunque, di una Inghilterra vittoriana, che caratterizzava una mentalità rigorosa rispetto ai principali valori sociali, dove la (sua classe di) donna è stata considerata esplicitamente per scopi decorativi o di allevamento.

Adesso torniamo al romanzo: Helen si  innamora di un uomo che è bello, ma i cui valori sono discutibili. Disposta a credere di poter alterare il suo carattere, lei lo sposa. Il suo matrimonio diventa una catastrofe, dove lei non ha il potere di cambiarlo fino a quando non escogita un coraggioso piano per riprendere il controllo. Lascia il suo violento e dissoluto marito e decide di mantenere se stessa e suo figlio. Helen Graham, in realtà Huntingdon, è stata davvero una coraggiosa e determinata per i suoi tempi; ha combattuto contro i mali dell’abuso fisico e abuso mentale in un impossibile vincolo cieco del matrimonio. Ha avuto la forza e il coraggio di abbandonare il guscio protettivo che in quei tempi rappresentava il matrimonio, soprattutto quando la sua dignità e suo figlio sono stati minacciati.  Ha dovuto lottare contro i pregiudizi e la malizia dei suoi nuovi vicini.

La fuga dal marito non è l’unica novità di questo testo. Fino adesso è stato il compito dell’ uomo di dover provvedere alla famiglia, a mantenerla. Invece, questo romanzo ci narra di una donna indipendente, che ha messo in discussione la morale prevalente di quel tempo. Il romanzo ha provocato un critico (di quel tempo) che si è pronunciato cosi: “…assolutamente inadatto ad essere messo nelle mani delle ragazze”.
Per questi motivi molti lo ritengono uno dei primi romanzi femminili.

In ogni caso, anche se non appartiene al vostro genere di libri preferiti secondo me, è un libro da leggere obbligatoriamente, se niente altro, almeno per rispetto verso il coraggio e la franchezza che ha avuto la scrittrice a scriverlo.

Nantes – Capoluogo della Bretagna indipendente


Nel Quattrocento il castello di Nantes fu scelto come residenza dal duca Francesco II, signore della Bretagna, ancora autonoma dal potere regio. Alla sua morte, nel 1488, il ducato passò alla figlia Anna, appena undicenne, che più tardi divenne regina sposando il sovrano francese Carlo VIII. Da quel momento la Bretagna fu annessa alla Francia e cessò di essere un territorio indipendente.



IL CASTELLO DELL’EDITTO – Anche dopo l’annessione della Bretagna al regno di Francia il castello mantenne a lungo  il suo rango di residenza reale. Nel “Grand Gouvernement”, per esempio, Enrico IV firmò nel 1598 l’editto di Nantes, che riconosceva libertà di culto alla religione riformata e metteva fine alla sanguinosa guerra civile tra protestanti e cattolici. Lo stesso sovrano era un simbolo di tale pacificazione: cresciuto come ugonotto, si convertì al cattolicesimo per poter ascendere al trono francese, cui era stato designato dal re Enrico III. Il regno visse decenni di pace finchè il suo nipote Luigi XIV, nel 1685, annulò l’editto.


FORTIFICAZIONE D’ANTICA DATA – Lo “Chateau des Ducs de Bretagne” sorge sulle fondamenta di una precedente fortificazione del XIII secolo, di cui resta tuttora la vecchia torre, in seguito adibita a carcere. La maggior parte del complesso attualmente visibile, in parte destinato a residenza della corte, in parte a presidio militare, fu, tuttavia, eretta a partire dal 1466 dal duca Francesco II, che elesse Nantes come propria capitale e decise di costruirvi una dimora fortificata adatta al nuovo rango che la città aveva raggiunto. Fu soprattutto la figlia Anna, che nel castello era nata e che lo amava sopra ogni altra dimora regale, a farlo ampliare e abbellire a più riprese. Durante il suo regno furono rialzati gli appartamenti del “Grand Logis”, il corpo principale del complesso, circondato da spesse mura esterne e protetto da un fossato. Un ponte levatoio affiancato da due torri cilindriche (dette “del Forno e del Capriolo”) dà accesso al cortile interno, il vero cuore della costruzione.



DA PALAZZO REALE A MUSEO CITTADINO – Divenuto dimora reale il castello conobbe continue trasformazioni, fino al XVII secolo quando venne trasformato in caserma e successivamente in prigione e arsenale di artiglieria nel periodo della Rivoluzione.
La città divenne proprietaria del castello nel 1915 e decise di farne una sede mussale.



UNA CITTA’ TRISTEMENTE FAMOSA – Il castello ricorda non solo momenti lieti, ma anche più di un fatto triste. Nel 1440, per esempio, fu celebrato a Nantes il processo contro uno dei criminali più noti dell’epoca: Gilles de Rais, valoroso cavaliere combattente al fianco di Giovanna d’Arco, che aveva raggiunto il rango di maresciallo di Francia ma che, si scoprì poi con raccapriccio, essere un crudele pedofilo. Fu nella torre del futuro Castello ducale, adibita a carcere, che Gilles de Rais attese la condanna a morte e la successiva esecuzione in pubblico.
Nel Sei e Settecento, invece, Nantes divenne il centro francese della tratta degli schiavi. Dal suo porto quasi 2500 navi facevano regolarmente rotta per l’Africa Occidentale, nel cosiddetto “commercio triangolale”: trasportavano in America i neri catturati e ne ritornavano cariche d’oro, cacao e cafè. Su questo commercio la città costruì il suo benessere.
Infine, nel 1793, durante la Rivoluzione francese, il deputato Jean-Baptiste Carrier ordinò proprio a Nantes l’eliminazione a sangue freddo di oltre 10 000 prigionieri lealisti (cioè sostenitori del re). L’esecuzione prevedeva una raccapricciante modalità detta “matrimonio repubblicano”: i malcapitati venivano legati in coppia e gettati nella Loira, dove morivano per annegamento. Questi atti di crudeltà furono considerati eccessivi anche dai rivoluzionari di Parigi: Carrier venne arrestato e, alla fine, decapitato.



UN INSOLITA SOLUZIONE – Le possenti rondelle del castello di Nantes hanno una curiosità quasi unica. L’apparato a sporgere, infatti, invece di correre all’altezza del cammino di ronda, come nelle cortine, è più basso. Una soluzione chiaramente adottata per consentire l’inserimento nella parte superiore di un’ampia piazzola per il maneggio delle armi da fuoco (cannoni e archibugi), ma piuttosto irrazionale. Le bocche da fuoco in alto, infatti, sono poco efficaci, cosi come le caditoie a bassa quota non sfruttano l’effetto della forza di gravità. Si tratta di una realizzazione “di transizione”, che non può ancora contare su una tradizione consolidata nell’uso delle nuove armi.



SIMBOLI DI POTERE – Nel cortile interno del palazzo spiccano eleganti facciate e la “Tour de la Couronne d’Or”, la torre della Corona d’Oro. I cammini di ronda delle mura sono in parte aperti al pubblico e consentono di ammirare un vasto panorama della città. Nel castello si ritrovano disseminati da molte parti due curiosi simboli araldici: l’istrice e l’ermelino. L’uno era l’animale araldico di Luigi XII e l’altro, accompagnato dalla lettera “A”, era quello di Anna.  


Josselin – La battaglia dei Trenta


Il 27 marzo 1351 trenta cavalieri francesi uscirono dal castello di Josselin per scontrarsi in combattimento contro un ugual numero di cavalieri inglesi. Una piramide nella brughiera ricorda questo episodio della guerra di successione al ducato di Bretagna, che doveva dare ampia fama alla fortificazione.



CAPOSALDO NELLA GUERRA PER IL CONTROLLO DELLA BRETAGNA  - Nel secolo XI il visconte di Guéthenoc e suo figlio Josselin de Porthoét costruirono sul luogo una fortezza, che venne ridotta in cenere nal 1168 da Enrico II d’Inghilterra, all’epoca in guerra contro Eudes II di Porthoét. Due secoli più tardi la fortezza di Josselin, nel frattempo ricostruita, svolse un importante ruolo come caposaldo delle forze francesi, guidate da Carlo di Blois, durante la guerra di successione bretone. Carlo, che aveva sposato una nipote del duca di Bretagna, morto senza lasciare figli, rivendicava il ducato, che gli era conteso dagli inglesi. La guerra fini nel 1364 con la battaglia di Auray, nel corso della quale Carlo di Bois trovò la morte.



RESIDENZA DEI ROHAN – Anche dopo la vittoria degli inglesi nella guerra di successione per la Bretagna, Josselin rimase saldamente in mano francese, e fu governata da Olivier de Clisson, che ne fece un potente presidio in fortezza nel 1370. Nel 1407 il castello passò, per via di matrimonio, alla famiglia dei Rohan, che ne è tuttora la proprietaria. Da questa famiglia proveniva infatti la moglie di Clisson, che in prime nozze aveva sposato il comandante del castello Giovanni di Beaumanoir.



UNA FAMIGLIA ORGOGLIOSA – L’orgoglioso motto di famiglia dei Rohan era: “Roi ne puis, prince ne daigne, Rohan suis!” (Re non posso [essere], [di fare il] principe non mi degno, io sono un Rohan!). anche il castello, con le sue poderose fortificazioni, testimonia l’atteggiamento combattivo della famiglia, che in più occasioni lo portò sull’orlo della distruzione. Per due volte infatti le decisioni politiche dei suoi signori condussero Josselin vicino alla catastrofe: la prima nel 1488, quando il duca di Bretagna lo diroccò perché Giovanni II di Rohan si era schierato contro di lui e al fianco del re di Francia, con cui il duca era in contrasto. La seconda nel Seicento, quando il cardinale Richelieu ne fece radere al suolo una parte perché Enrico di Rohan, uno dei capi degli ugonotti protestanti, era considerato un nemico dello Stato.



LA MADONNA NERA DI JOSSELIN – Secondo la tradizione nel IX secolo venne trovata in un cespuglio di rovi una statua della Madonna. Un contadino la portò a casa; la mattina dopo la statua era scomparsa, e venne rintracciata poco dopo nello stesso punto in mezzo alla sterpaglia.
La gente gridò al miracolo e decise di costruire in quel posto una chiesa, attorno alla quale si sviluppò in seguito l’abitato di Josselin. La statua della Madonna, venerata come la miracolosa Notre-Dame-du-Roncier (Nostra Signora del Rovento), fu distrutta quasi completamente da un incendio nel 1793. I resti vennero sistemati in un reliquario, che l’8 settembre di ogni anno è meta di un popolare pellegrinaggio. Anche la chiesa ebbe le sue vicissitudini: l’edificio originale fu devastato nel 1168 dal re inglese Enrico II assieme alla fortezza di Josselin. L’attuale basilica di Notre-Dame-du-Roncier, nella città vecchia , è una ricostruzione tardogotica, che custodisce tra l’altro la tomba di Olivier de Clisson, il signore medievale del castello.



TORRI A PEPAIOLA – Le torri cuspidate del castello di Josselin, che conferiscono alla costruzione, vista soprattutto da alcune particolari angolazioni, una sagoma quasi fiabesca, sono tipiche dell’architettura castellana francese.
Sono indicate, oltralpe, con un divertente nomignolo: “Tours en poivrière”, torri a pepaiola, foggiate cioè come se fossero un contenitore del pepe. È una denominazione vivace e suggestiva benché si riferisca a costruzioni dall’aspetto spesso possente e massiccio.


RICOSTRUITO SOTTO ANNA DI BRETAGNA – Nel 1488 il duca bretone Francesco II morì, dopo aver distrutto il castello di Josselin. Sua figlia Anna, divenuta duchessa ad appena undici anni, sposò nel 1491 il re francese Carlo VIII: in tal modo la Bretagna perse l’indipendenza, ma conobbe un periodo di grande splendore. Ne guadagnò anche il castello di Josselin, che venne ricostruito da Jean Laval nelle forme rinascimentali (in senso francese), tuttora visibili.
-          Le parti distrutte del castello furono sostituite da un cammino di ronda con alti abbaini a veranda, ma si mantenne la grandiosa impressione di imponenza all’esterno.
-          Anna di Bretagna fece allestire un nuovo cortile interno e un edificio per gli appartamenti ducali, con facciata elegantemente decorata in forme gotiche e dieci abbaini a veranda. Sulle balaustre sono simbolicamente rappresentate la Bretagna (l’ermelino), la Francia (il giglio) e la stessa Anna (la lettera A).
-          Nel castello è ospitato un bel Museo delle Bambole, il “Musée des Poupées”; gli oltre 500 esemplari del XVIII e XIX secolo vennero raccolti dalla duchessa di Rohan.


lunedì 27 dicembre 2010

Hradcany – Il castello di Praga


Praga è al centro d’Europa. Il complesso di Hradcany, a sua volta, occupa il centro di Praga. È, si dice, il più grande castello del mondo. Testimone di mille anni di storia, ha assistito ad avvenimenti che hanno cambiato il volto del continente.


FULCRO DI STORIA E CULTURA – Già nel IX secolo la dinastia dei Premyslidi aveva innalzato, sulla collina che domina la città, una fortificazione di legno e terra. Dal 921 era diventata la residenza del principe Venceslao il Santo, che quattordici anni più tardi sarebbe stato assassinato per ordine del fratello. Venceslao aveva eretto sul luogo, in onore del martire San Vito, una piccola chiesa a pianta circolare, che alla sua morte divenne meta di continui pellegrinaggi. Il piccolo tempio fu il perno su cui secoli seguenti sorse la grande cattedrale di San Vito. Al suo interno, sul luogo occupato dalla primitiva  rotonda, si trova ora la cappella di Venceslao.
Il palazzo reale di Praga, più volte rimaneggiato e sopraelevato a partire dal secolo XI, fu teatro di molti avvenimenti storici. Nel medioevo era sede di una delle corti più raffinate ed eleganti d’Europa.
Ancora oggi è la residenza ufficiale del presidente della Repubblica Ceca, a riprova della permanenza del simbolo del potere. Quando il capo dello Stato è in sede, vi sventola la bandiera presidenziale, di colore bianco con lo storico motto “Veritas vincit” (la verità vince). Alcune delle sue sale di rappresentanza, come la sontuosa “Sala spagnola”, sono ancora riservate alle cerimonie ufficiali.


DEFENESTRAZIONE DI PRAGA – L’avvenimento più drammatico che si svolse al castello fu la cosiddetta “defenestrazione di Praga”, il 23. maggio del 1618: quel giorno alcuni nobili protestanti gettarono da una finestra i governatori cattolici della Boemia, Martinic e Slavata, rappresentanti dell’Imperatore. I due malcapitati se la cavarono senza troppi danni, ma questo episodio fu la scintilla che fece scoppiare la guerra dei Trent’Anni (1618-1648).


IL VINCOLO D’ORO – All’estremità del castello si apre il cosiddetto “vincolo d’Oro”. Il nome sembra derivare dalla presunta attività di alcuni alchimisti che vi avrebbero prodotto oro artificialmente. In realtà qui, nel medioevo, abitavano le famiglie degli ufficiali della guardia castellana.
Nel castello, in una stanzetta della “torre Mihulka” che può essere tuttora visitata, lavorarono effettivamente vari alchimisti. Praga era infatti una delle “città magiche”, forse la città magica per eccellenza, di tutto il continente europeo.


La via conserva anche altri, più recenti e certi ricordi. Nella casa al n. 22 lo scrittore di lingua tedesca Franz Kafka scrisse nel 1916 i racconti  del suo libro “Un medico condotto”.
Alla fine del vincolo d’Oro si erge la “torre Dalibor”, cosi chiamata dal suo primo prigioniero, Dalibor di Kostojedy. Accusato, nel 1498, di appoggiare la rivolta contadina, fu condannato a morire di fame in carcere. La leggenda vuole che suonasse il violino con tale maestria che le guardie commosse gli portarono del cibo di nascosto: episodio che ispirò al compositore boemo Bedrich Smetana l’opera “Dalibor”.



LA CATTEDRALE DI SAN VITO – Il castello di Hradcany racchiude, tra le sue mura, la cattedrale praghese, dedicata a San Vito. La prima pietra dell’edificio, la cui costruzione si protrasse fino al 1929, fu posta dall’imperatore Carlo IV in persona nel 1344. è uno dei luoghi più ricchi di significato e di storia per la città di Praga, come testimoniano anche i numerosi  monumenti al suo interno: dal mausoleo reale, alla cappella di san Venceslao, alla porta d’oro, che per cinque secoli fu l’entrata principale, fino ai gioielli dell’incoronazione custoditi nei sotterranei. Nella chiesa è conservato anche il sonuoso monumento sepolcrale del vicario generale San Giovanni Nepomuceno, incarcerato nel 1393 da Venceslao IV. Rinchiuso in un sacco fu gettato nella Moldava, dove annegò. Per questo oggi è venerato come santo protettore dalle inondazioni.


COSTRUZIONE
-          926: il principe Venceslao costruisce la rotonda di San Vito
-          1042: Bratislao I racchiude la collina con una cinta muraria
-          1135: Sobieslao I fa innalzare sul luogo un palazzo di pietra (oggi seminterrato del palazzo reale), poi ampliato dai successori
-          1344: l’imperatore Carlo IV pone la prima pietra della cattedrale di San Vito, progettato da Mathieu d’Arras. I lavori proseguivano sotto la direzione di Peter Parler e dei suoi figli. Carlo IV fa ampliare e arredare sontuosamente il palazzo imperiale.
-          1589: viene terminata la Cripta reale nella cattedrale di San Vito
-          1750-70: per conto dell’imperatrice Maria Teresa e su progetto di Nicolò Pacassi il castello assume aspetto attuale.
-          1859-71: ulteriori lavori nel duomo per opera di Josef Krenner.
-          1929: Kamil Hilbert termina la sistemazione della cattedrale.



I TRE CORTILI INTERNI – Nel castello di Hradcany si aprono tre grandi cortili. Il primo è la corte d’Onore, sistemata nel 1774 per ordine dell’imperatrice Maria Teresa.
Nel secondo si affacciano le antiche scuderie, che oggi ospita la galleria d’Arte con le stupende collezioni dell’imperatore Rodolfo II; vi prospetta anche la cappella della Santa Croce, dove è custodito il tesoro del Duomo.
Nel terzo cortile sorgono infine la cattedrale di San Vito e il palazzo reale.
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