sabato 20 novembre 2010

Baalbek


Città del Libano, sorta nella valle fra Libano e Antilibano, a 1170 metri sul livello del mare, deve il suo attuale nome, Baalbek, documentato a partire dal 400 d. C., al culto del dio Baal, massima divinità del pantheon orientale, assimilato spesso a Giove. In età ellenistica e romana la città era invece nota come Heliopolis. Anche questo nome trova una spiegazione nelle tradizioni religiose della città, dove sembra fosse fortemente radicato il culto di Hadad, identificato in etò ellenistica con il Sole.



A un evidente fenomeno di sincretismo religioso si deve quindi il culto di Giove Heliopolitano, le cui testimonianze esplicite datano all’età romana, da ritenersi evidentemente una trasposizione dell’antico culto locale del Sole. Il nome della città ci viene tramandato in alcuni brevi passi anche dalle fonti antiche. Di Heliopolis infatti fanno menzione sia Giuseppe flavio, in merito alla spedizione compiuta da Pompeo nel 64 a. C., sia Strasbone, che la colloca vicino ad Apamea, città della Siria di antica fondazione seleucide. In età giulio-claudia Heliopolis divenne colonia romana, con il titolo per esteso “Iulia Augusta Felix Heliopolitana” (titolatura riccorente nelle monete e nei militari).

La città, per  la sua posizione geografica, non fu mai un centro di traffico commerciale, né sappiamo abbia mai avuto una particolare importanza politica ed economica; tuttavia sembra le fosse riconosciuto un ruolo rilevante come centro religioso. La fama del santuario di Giove Heliopolitano, alla cui costruzione si lavorò, come vedremo, per più secoli, è testimoniata dalla diffusione del culto in varie province dell’impero; perfino a Roma, sul Granicolo, fu dedicato un tempio alla triade heliopolitana. Ottenuto lo “ius italicum” da Settimio Severo, durante il regno del figlio Caracalla, la colonia ospitò memorabili giochi in onore di Giove Heliopolitano, equiparato in tutto a Giove Capitolino.



La prima comunità cristiana sorse presubilmente con Constantino, al quale si deve l’edificazione di una chiesa, distrutta una trentina d’anni dopo dall’imperatore pagano Giuliano l’Apostata. Rispetto ad altri centri dell’Oriente la popolazione di Baalbek dimostrò una maggiore resistenza alla penetrazione della nuova religione cristiana. Nonostante la città fosse sede vescovile il paganesimo continuò di fatto ad avere una posizione dominante sino alla sanguinosa repressione del 579, ordinata dall’imperatore bizantino Tiberio per eliminare in modo definitivo la pratica dei riti pagani. Nel 637 Baalbek fu conquistata dagli Arabi e nel 1175 fu espugnata da Saladino, che la strappò ai Crociati. Nel 1260 ciò che restava della città fu raso a suolo dal condottiero mongolo Hulagu. Il centro urbano attuale, che è entrato a far parte del Libano nel 1920, occupa esclusivamente la parte orientale dell’insediamento antico.



Dello schema urbanistico della città, messo in luce solo parzialmente da una serie di campagne di scavo condotte a partire dai primi del ‘900, non si ha un quadro ancora esaustivo; tuttavia, sembra che il tessuto non fosse perfettamente regolare, a causa dei condizionamenti dovuti a elementi preesistenti alla città romana.


L’impianto urbano di Baalbek di per sé non appare particolarmente significativo: si segnala comunque la presenza di una serie di monumenti inquadrabili prevalentemente fra I e III secolo d. C., tra cui un “bouleuterion”, un tempio a pianta rotonda datato all’età Severiana, un ippodromo e un teatro, nonché alcune abitazioni private dotate di pregevoli pavimenti a mosaico.


Se l’impianto urbano e i monumenti citati non si distinguono come soluzioni di grande impatto e spessore, la parte occidentale della città è invece letteralmente dominata per estensione e qualità architettonica, dal santuario di Giove Heliopolitano, che per le dimensioni (270 metri per 120) e altezza (solo il tempio misura 46 metri) sovrasta la città intera. Attorno al gigantesco edificio dedicato al culto di Giove – Baal (assimilazione fra il massimo dio romano e la principale divinità orientale), andarono man mano aggiungendosi, a partire dagli inizi del I secolo d. C. sino almeno al III secolo d. C., molteplici corpi architettonici, cosi da formare un insieme composito di grande suggestione scenografica, ricavato su diversi livelli e movimentato dalla presenza di numerosi monumenti accessori e dalla esuberanza della decorazione architettonica.




 Il grande tempio (90 metri per 54), un decastilo periptero posto su un podio colossale, databile alla seconda metà del I secolo d. C., si affaccia su un’ampia piazza porticata, probabilmente di età antonina, lungo il cui perimetro sono disposti spazi aperti e “cellae”, con un’alta torre, enormi vasche e un altare nell’area scoperta al centro del cortile.


Al complesso si accede attraverso un “propylon” monumentale (età Severiana) anch’esso con dieci colonne in facciata poste su un’alta gradinata, raccordato alla piazza porticata da un singolare cortile ottagonale (metà del III secolo d. C.)


Poco più a sud del grande tempio, racchiuso in una corte porticata di forma stretta e allungata, fu eretto il cosiddetto tempio di Bacco (dedicato in realtà a Venere – Atargatis), datato su basi stilistiche alla metà del II secolo d. C. si tratta di un periptero ottastilo, corinzio, che, seppur di minori dimensioni rispetto al colossale tempio di Giove, presenta parametri metrici più che ragguardevoli: una lunghezza di 33,50, con podio alto 4,76 metri preceduto da una scalinata di 34 gradini. La cella era composta da un vano coperto con volta a botte e da un “adyton” a tre navate, raggiungibile grazie a una gradinata di nove scalini.


Testo di Riccardo Villicich

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