venerdì 3 giugno 2011

L’abbazia di Cluny – un nuovo centro spirituale in occidente


CLUNY E IL ROMANICO IN EUROPA - Nel 910 Guliemo III di Aquitania fondò in Borgogna l’abbazia di Cluny, momento fondamentale nella storia religiosa e artistica del Medioevo occidentale. La nuova abbazia promosse la riforma della regola benedettina e creò, in breve tempo, un ampia rete di dipendenze e filiazioni monastiche che diventando uno dei monasteri più ricchi e potenti della cristianità. La compattezza giuridica e culturale dell’ordine benedettino ha ridotto alcuni studiosi a ipotizzare l’esistenza di un’arte cluniacense, frutto di direttive unitarie e dotata di caratteristiche proprie, specie in campo architettonico. Tale ipotesi non può essere accettata in maniera assoluta, ma è probabile che dalle particolari esigenze liturgiche dell’ordine sia scaturita la necessità di cercare soluzioni architettoniche nuove che, sono state riutilizzate e adattate a edifici di aree geografiche diverse, nel periodo in cui l’architettura romanica andava definendo le proprie caratteristiche.


L'immagine della abbazia di Cluny nel 1750, prima di essere stata distrutta durante la Rivoluzione francese...


Nell’arco di appena cento anni la chiesa madre dell’ordine  cluniacense fu ricostruita ben tre volte per rispondere alle nuove esigenze determinate dalla crescita del monastero e della comunità dei monaci che vi abitava. La nuova regola aveva in primo luogo implicazioni politiche, in quanto sottometteva l’ordine direttamente al papa sottraendolo alla giurisdizione di vescovi e feudatari, ma liberava i monaci dall’obligo di impegnare parte del loro tempo in attività manuali e intellettuali, come prescritto da san Benedetto quattro secoli prima (“ora et labora”). La preghiera diventò cosi l’unica occupazione della comunità cluniacense, e la celebrazione dell’uficio liturgico un momento fondamentale della vita monastica. Rodolfo il Glabro, nella sua “Cronaca”, descrive il fasto e la solennità di questi riti, che si protraevano senza interruzione per tutto l’arco della giornata. La riforma cluniacense ebbe cosi immediate ripercussioni anche sull’architettura della chiesa madre, che adotto soluzioni grandiose e complesse, specie nell’area presbiteriale. Se niente rimane della prima chiesa di Cluny, consacrata nel 927, gli scavi condotti in questo secolo hanno permesso di ricuperare la pianta della seconda costruzione – che sorgeva in corrispondenza dell’angolo nordorientale dell’odierno chiostro – eretta tra il 948 e il 981, al tempo dell’abate Maiolo.


Con i suoi 55 metri di lunghezza, la chiesa di Cluny II aveva per l’epoca dimensioni notevoli: il corpo longitudinale si divideva in tre navate di sette campate e si concludeva con uno stretto transetto, seguito dal coro molto sviluppato, diviso in tre navatelle, affiancato da due ambienti di pianta rettangonale e concluso da sei absidi orientale. Intorno al Mille fu addossato alla facciata un nartece a tre campate (Galilea) preceduto da un atrio, e furono costruiti il coro e il dormitorio. Anche della terza chiesa, fondata nel 1088 e distrutta al tempo della rivoluzione francese, rimane solo una parte del transetto meridionale, con un campanile ottagono.


... riproduzione di come doveva essere abbazia di Cluny

Dalle fonti contemporanee, sappiamo che era famosa in tutta Europa per la grandiosità delle sue forme architettoniche e per le splendide decorazioni scultoree, pittoriche e musive che l’arricchivano. Con i suoi 171 metri di lunghezza e le sue proporzioni monumentali Cluny III era la più vasta chiesa di tutta la cristianità. La sua eccezionalità è rivelata dalla complessa planimetria, con cinque navate, doppio transetto, coro con deambulatorio a cappelle e cinque torri. Un atrio porticato a tre navate precedeva l’edificio, innestandosi alla facciata fiancheggiata da due torri.


Tutto il complesso si distingueva per lo slancio delle sue strutture: le pareti della navata erano suddivise in tre ordini, con arcate, triforio cieco e finestre, al di sopra dei quali si elevavano, a un’altezza vertiginosa, le volte, probabilmente a botte. La ricchezza dell’originaria decorazione scultorea testimoniata dai capitelli del deambulatorio, oggi conservati nel trecentesco deposito della farina, trasformato in museo. I capitelli superstiti, di grandi dimensioni, denotano una notevole padronanza della tecnica scultorea, caratterizzata da un rilievo flessuoso e delicato ed eleganti ritmi decorativi.


Su di essi si sviluppa un vasto programma iconografico, che secondo alcune interpretazioni illustrava il contenuto di un’epistola di san Pier Damiani, dove veniva elogiata la vita dei monaci dell’abbazia. Vi appaiono raffigurati gli otto toni della musica gregoriana, le stagioni, le virtù teologali e cardinali, il pecato originale e i fiumi del Paradiso. Altri capitelli recano scene bibliche, come il “Peccato dei progenitori” e il “Sacrificio d’Isacco”, altri ancora presentano una tipologia corinzia.


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